Per sette anni ho archiviato significati di parole che dimenticavo.
Quando avevo 15 anni fui bocciato per la prima volta a scuola e i miei genitori mi mandarono a lavorare come manovale in un cantiere. Non durai molto perché dopo meno di un mese la mia voglia di non-lavoro si fece sentire e mi procurai un piccolo infortunio. In quelle poche settimane però appresi un grande insegnamento che la scuola non mi aveva dato. Un vecchio muratore: capelli bianchi, pelle bruciata dal sole e mani che abbattono muri, un giorno, aprì il suo portafoglio dove all’interno teneva un foglietto con scritto a mano “reificare”. Mi chiese se sapevo cosa volesse dire. io, dissi di no. Mi diede lui allora un significato di questa parola ma disse che una volta arrivato a casa avrei dovuto a cercare la definizione sul dizionario. Il giorno seguente tornai e gli dissi che il significato che lui mi aveva dato era falso, lui replicò: “E’ proprio questo che volevo insegnarti. Devi conoscere più parole possibili per non farti fregare.” Mi colpì molto questo vecchio mastro, il cui corpo era modificato dal duro lavoro e che teneva un significato nel portafoglio per ricordarsi di non farsi fregare. Quando mi sono trasferito a Roma, e il mio vocabolario ha cominciato a crescere, ho deciso d’iniziare ad archiviare i significati che dimenticavo. Un piccolo dizionario personale della dimenticanza, un gioco che ha in sé la prospettiva critica di non farsi eccessivamente governare.